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libretto 

Król ukryty w pasterze
(il re pastore)

Pietro Metastasio: Übersetzung auf deutsch: Dresden, 1755 (unbekannt)

Übersetzung auf polnisch: Ks.Basili Popiel, Lwów 1780.

IL RE PASTORE

(Pietro Metastasio) - Drama per musica (1751)

italiano

atto terzo

————

SCENA PRIMA

 Parte interna di grande e deliziosa grotta formata capricciosamente nel vivo sasso dalla natura, distinta e rivestita in gran parte dal vivace verde delle varie piante, o dall’alto pendenti o serpeggianti all’intorno, e rallegrata da una vena di limpida acqua che scendendo obliquamente fra’ sassi or si nasconde, or si mostra e finalmente si perde. Gli spaziosi trafori, che rendono il sito luminoso, scuoprono l’aspetto di diverse amene ed ineguali colline in lontano, ed in distanza minore di qualche tenda militare, onde si comprenda essere il luogo nelle vicinanze del campo greco.

 

 AMINTA solo

 

 AMINTA

 Oimè! Declina il sol. Già il tempo è scorso che a' miei dubbi penosi

Agenore concesse. Ad ogni fronda

 che fan l'aure tremar, parmi ch'ei torni e a decider mi stringa. Io da che nacqui mai non mi vidi in tanta angustia. (Siede) Elisa il suo vuol ch'io rammenti tenero, lungo e generoso amore; con mille idee d'onore Agenore m'opprime; io nel periglio di parer vile o di mostrarmi infido tremo, ondeggio, m'affanno e non decido.

E questo è il regno? E così ben si vive fra la porpora e l'or? Misere spoglie!

 Siete premio o castigo? In questo giorno non ho più ben, da che mi siete intorno. Finché in povere lane... O me infelice!

Agenore già vien. (Si leva) Che dirgli? Oh dio!

 Secondarlo non posso;

 resistergli non so. Troppo ha costui

 dominio sul mio cor. Mi sgrida e l'amo; m'affligge; e lo rispetto. (Pensa, e poi risoluto) Ah non si venga seco a contesa.

 

 

 

 SCENA II

 AGENORE e detto

 

 AGENORE

E irresoluto ancora

 ti ritrovo o mio re?

 AMINTA

No.

 AGENORE

Decidesti?

 AMINTA

 Sì.

 AGENORE

Come?

 AMINTA

 Il dover mio

 a compir son disposto.

 AGENORE

Ad Alessandro

 dunque d'andar più non ricusi?

 AMINTA

 A lui

anzi già m'incamino.

 AGENORE

Elisa e trono

 vedi che andar non ponno insieme.

 AMINTA

 È vero.

 Né d'un eroe benefico al disegno

 oppor si dee chi ne riceve un regno.

 

AGENORE

 Oh fortunato Aminta! Oh qual compagna ti destinan le stelle! Amala; è degna

 degli affetti d'un re.

 AMINTA

Comprendo amico

 tutta la mia felicità. Non dirmi

 d'amar la sposa mia. Già l'amo a segno che senza lei mi spiacerebbe il regno.

 

 

 L'amerò, sarò costante;

 fido sposo e fido amante

 sol per lei sospirerò.

 

    In sì caro e dolce oggetto

 la mia gioia, il mio diletto,

la mia pace io troverò.

(Parte)

 

 SCENA III

 AGENORE solo

 

 AGENORE

 Uscite alfine uscite

 trattenuti sospiri

 dal carcere del cuor. Più nol contende

 alfin la mia virtù. L'onor, la fede

son soddisfatti a pieno;

 abbia l'amor qualche momento almeno.

 Oh dio, bella Tamiri, oh dio...

 

 SCENA IV

 ELISA e detto

 

 ELISA

Ma senti

 Agenore quai fole

 s'inventan qui per tormentarmi. È sparso

ch'oggi Aminta a Tamiri

 darà la man di sposo; e si pretende

 che a tal menzogna io presti fé. Dovrei, per crederlo capace

 di tanta infedeltà, conoscer meno

d'Aminta il cor. Ma chi sarà costui che ha dell'affanno altrui

 sì maligno piacer?

 AGENORE

 Mia cara Elisa

 esci d'error. Nessun t'inganna.

 ELISA

 E sei tu sì credulo ancor? Tu ancor faresti sì gran torto ad Aminta?

 AGENORE

Io non saprei

 per qual via dubitarne.

 ELISA

E mi abbandona

 dunque Aminta così?... No; non è vero. Ti lasciasti ingannar. Donde apprendesti novella sì gentil?

 AGENORE

 Da lui.

 ELISA

Da lui!

 AGENORE

Sì dall'istesso Aminta.

 ELISA

 Dove?

 AGENORE

 Qui.

 ELISA

 Quando?

 AGENORE

  Or ora.

 ELISA

E disse?

 AGENORE

E disse

 che al voler d'Alessandro

 non dessi oppor chi ne riceve un regno.

 ELISA

 Santi numi del ciel! Come! A Tamiri

darà la man?

 AGENORE

La mano e il cor.

 ELISA

 Che possa

 così tradirmi Aminta!

 AGENORE

Ah cangia Elisa,

 cangia ancor tu pensiero;

 cedi al destin.

 ELISA

 No; non sarà mai vero. (Con impeto ma piangendo)

 Non lo speri Alessandro,

685nol pretenda Tamiri; egli è mio sposo;

 la sua sposa son io;

 io l'amai da che nacqui; Aminta è mio.

 AGENORE

 È giusto o bella ninfa

 ma inutile il tuo duol. Se saggia sei,

credimi, ti consola.

 ELISA

 Io? Consolarmi!

 Ingegnoso consiglio,

 facile ad eseguir!

 AGENORE

L'eseguirai,

 se imitar mi vorrai. Puoi consolarti;

 e ne dei dall'esempio esser convinta.

 ELISA

Io non voglio imitarti;

 consolarmi io non voglio; io voglio Aminta.

 AGENORE

 Ma s'ei più tuo non è, con quei trasporti che puoi far?

 ELISA

Che far posso? Ad Alessandro,

 agli uomini, agli dei pietà, mercede,

giustizia chiederò. Voglio che Aminta confessi a tutti in faccia

 che del suo cor m'ha fatto dono; e voglio, se pretende il crudel che ad altri il ceda, voglio morir d'affanno, e ch'ei lo veda.

 

 

  Io rimaner divisa

 dal caro mio pastore!

 No, non lo vuole amore;

 no, non lo soffre Elisa;

 no, sì tiranno il core

il mio pastor non ha.

 

    Ch'altri il mio ben m'involi

 e poi ch'io mi consoli!

 Come non hai rossore

 di sì crudel pietà?

(Parte)

 

 SCENA V

 AGENORE, poi TAMIRI

 

 AGENORE

Povera ninfa! Io ti compiango; e intendo

 nella mia la tua pena. E pure Elisa

 ha di me più valor. Perde il suo bene;

 ed ha cor di vederlo. A tal cimento

 la mia virtù non basta. Io da Tamiri

convien che fugga; e ritrovar non spero

 alla mia debolezza altro ricorso. (In atto di partire)

 TAMIRI

 Agenore t'arresta.

 AGENORE

 (Oh dei! Soccorso).

 TAMIRI

 D'un regno debitrice (Con ironia)

 ad amator sì degno

dunque è Tamiri?

 AGENORE

  Il debitore è il regno.

 TAMIRI

 Perché sì gran novella (Come sopra)

 non recarmi tu stesso? Io dal tuo labbro più che da un foglio tuo l'avrei gradita.

 AGENORE

 Troppo mi parve ardita

quest'impresa o regina.

 TAMIRI

Era men grande (Con risentimento)

 che il cedermi ad Aminta.

 AGENORE

È ver; ma forse

 l'idea del dover mio

 in faccia a te... Bella regina addio.

 TAMIRI

 Sentimi. Dove corri?

 AGENORE

A ricordarmi

che sei la mia sovrana.

 TAMIRI

 Sol tua mercé. (Con ironia)

 AGENORE

Ch'io d'esser teco eviti

 chiede il rispetto mio.

 TAMIRI

Tanto rispetto (Con isdegno)

 è immaturo finor. Sarà più giusto

 quando al tuo re la mano

porger m'avrai veduto.

 AGENORE

 Io nol vedrò.

 TAMIRI

 Che! Nol vedrai? Ti voglio (Con impero) presente alle mie nozze.

 AGENORE

Ah no, perdona;

 questo è l'ultimo addio.

 TAMIRI

Senti. Ove vai?

 AGENORE

 Ove il ciel mi destina.

 TAMIRI

E ubbidisci così la tua regina? (Come sopra)

 AGENORE

 Già senza me...

 TAMIRI

No; senza te sarebbe

 la mia sorte men bella.

 AGENORE

E che pretendi?

 TAMIRI

 Che mi vegga felice (Con ironia)

 il mio benefattore, e si compiaccia

dell'opra sua.

 AGENORE

 (Che tirannia!) Deh cangia

 Tamiri per pietà...

 TAMIRI

Prieghi non odo (Con impero)

 né scuse accetto. Ubbidienza io voglio

 da un suddito fedele.

 AGENORE

 (Oh dio!)

 TAMIRI

M'udisti? (Come sopra)

 

 AGENORE

 Ubbidirò crudele.

 TAMIRI

  Se tu di me fai dono,

 se vuoi che d'altri io sia,

 perché la colpa è mia?

 Perché son io crudel?

 

    La mia dolcezza imita.

L'abbandonata io sono;

 e non t'insulto ardita,

 chiamandoti infedel.

(Parte)

 

 SCENA VI

 AGENORE solo

 

 AGENORE

 Misero cor! Credevi

 d'aver tutte sofferte

le tirannie d'amore. Ah non è vero.

 Ancor la più funesta

 misero core a tollerar ti resta.

 

    Sol può dir come si trova

 un amante in questo stato

qualche amante sfortunato

 che lo prova al par di me.

 

    Un tormento è quel ch'io sento

 più crudel d'ogni tormento.

 È un tormento disperato

che soffribile non è.

(Parte)

 

 SCENA VII

 Parte dello spazio circondato dal gran portico del celebre tempio d’Ercole Tirio. Tutto il vasto recinto è riccamente adornato, per l’incoronazione del nuovo re di Sidone, e di vasi d’oro e di barbari tapeti e di festoni di verdure e di fiori che intorno alle numerose colonne artificiosamente s’avvolgono e tutte fra loro le intrecciano. Dal destro lato, molto innanzi, ricco ed elevato trono con due sedili, sopra de’ quali scettro e corona reale. Dal lato medesimo ma in distanza maggiore magnifico ingresso del tempio sudetto a cui s’ascende per ampia e superba scala. Fuori del portico alla destra veduta del faro e del porto di Sidone, guarnito di folte navi, alla sinistra della falange macedone disposta in ordinanza, a vista del trono. Concorso per tutto di cittadini e pastori.

 

 Fra l’armonia strepitosa de’ militari stromenti esce ALESSANDRO, preceduto da’ capitani greci e seguito da’ nobili di Sidone. Poi TAMIRI, indi AGENORE

 

 

 ALESSANDRO

    Voi che fausti ognor donate

 nuovi germi a' lauri miei,

 secondate amici dei

 anche i moti del mio cor.

 

  Sempre un astro luminoso

 sia per voi la gloria mia,

 pur che sempre un astro sia

 di benefico splendor.

 

 Olà che più si tarda? Il sol tramonta;

perché il re non si vede?

 Dov'è Tamiri?

 TAMIRI

 È d'Alessandro al piede.

 ALESSANDRO

 Sei tu la principessa?

 TAMIRI

 Son io.

 AGENORE

Signor, non dubitarne; è dessa.

 TAMIRI

 Perdonare a' nemici

sanno gli eroi; ma sollevargli al trono

 sanno sol gli Alessandri. Io dirti i moti signor non so che per te sento in petto.

 Vincitor ti rispetto; eroe t'onoro;

 t'amo benefattor; nume t'adoro.

 ALESSANDRO

È gran premio dell'opra

 render superbo un trono

 di sì amabil regina.

 TAMIRI

 Ancor nol sono.

 ALESSANDRO

 Ma sol manca un istante.

 TAMIRI

 Odi. Agenore amante

la mia grandezza all'amor suo prepone;

 se alla grandezza mia posporre io debba

 un'anima sì fida,

 esamini Alessandro e ne decida.

 Quel che nel caso mio

Alessandro faria far voglio anch'io.

 ALESSANDRO

 E tu sapesti amando!... (Ad Agenore)

 AGENORE

Odila; e vedi

 se usurpar dessi al trono

 un'anima sì bella.

 ALESSANDRO

E tu sì grata (A Tamiri)

 dunque ti senti a lui!...

 TAMIRI

 L'ascolta; e dimmi

se merita un castigo

 tanta virtù.

 AGENORE

Ma principessa or ora

 lieta pur mi paresti

 del nuzziale invito.

 TAMIRI

 No. Ma tu mi credesti

più ambiziosa che amante; io t'ho punito.

 ALESSANDRO

 Dei! Qual virtù! Qual fede!

 

 SCENA VIII

 ELISA e detti

 

 ELISA

 Ah giustizia signor, pietà, mercede!

 

ALESSANDRO

 Chi sei? Che brami?

 ELISA

 Io sono Elisa. Imploro

 d'Alessandro il soccorso

a pro d'un core ingiustamente oppresso.

 ALESSANDRO

 Contro chi mai?

 ELISA

Contro Alessandro istesso.

 ALESSANDRO

 Che ti fece Alessandro?

 ELISA

 Egli m'invola

 ogni mia pace, ogni mio ben; d'affanno

 ei vuol vedermi estinta.

D'Aminta io vivo; ei mi rapisce Aminta.

 ALESSANDRO

 Aminta! E qual ragione

 hai tu sopra di lui?

 ELISA

 Qual! Da bambina

 ebbi il suo core in dono; e fino ad ora sempre quel core ho posseduto in pace.

È un ingiusto, è un rapace

 chi ne dispon s'io non lo cedo; ed io

 la vita cederò, non l'idol mio.

 ALESSANDRO

 Colui che il cor ti diè ninfa gentile

 era Aminta il pastore; a te giammai

Abdolonimo il re non diede il core.

 

 SCENA ULTIMA

 AMINTA in abito pastorale seguito da pastorelli, che portano sopra due bacili le vesti reali, e detti

 

 AMINTA

 Signore io sono Aminta e son pastore.

 ALESSANDRO

 Come!

 AMINTA

Le regie spoglie (Si depongono i bacili a’ piedi d’Alessandro)

 ecco al tuo piè; con le mie lane intorno

 alla mia greggia, alla mia pace io torno.

 ALESSANDRO

E Tamiri non è...

 AMINTA

 Tamiri è degna

 del cor d'un re; ma non è degna Elisa ch'io le manchi di fé. Pastor mi scelse, re non deggio lasciarla. Elisa e trono già che non vanno insieme, abbiasi il regno

chi ha di regnar talento;

 purch'Elisa mi resti, io son contento.

 Che un fido pastorello,

 signor sia con tua pace,

 più che un re senza fede esser mi piace.

 AGENORE

Che ascolto!

 ALESSANDRO

Ove son io!

 ELISA

 Agenore io tel dissi, Aminta è mio.

 ALESSANDRO

 Oh dei! Quando felici

 tutti io render pretendo,

 miseri ad onta mia tutti io vi rendo!

Ah non sia ver. Sì generosi amanti

 non divida Alessandro. Eccoti Aminta la bella Elisa. Ecco Tamiri il tuo Agenore fedel. Voi di Sidone

 or sarete i regnanti; e voi soggetti

non resterete. A fabbricarvi il trono

 la mia fortuna impegno;

 ed a tanta virtù non manca un regno.

 TAMIRI, AGENORE A DUE

 Oh grande!

 AMINTA, ELISA A DUE

 Oh giusto!

 ALESSANDRO

Ah vegga alfin Sidone

 coronato il suo re.

 AMINTA

 Ma in queste spoglie...

 ALESSANDRO

In quelle spoglie a caso

 qui non ti guida il cielo. Il ciel predice

 del tuo regno felice

 tutto per questa via forse il tenore.

 Bella sorte d'un regno è il re pastore.

 CORO

   Dalla selva e dall'ovile

 porti al soglio Aminta il piè.

 

    Ma per noi non cangi stile;

 sia pastore il nostro re.

 

 FINE DEL DRAMMA

——————————-

 

LICENZA

 

Ah dell´aonio Coro,

Magnanimo Monarca,

Scusa l´error! Di te parlar non osa

La schiera rispettosa. Il suo periglio

Troppo conosce, ed é l´error consiglio.

Ma sa qual giorno é questo: 

Ma sa ben quanto denno a dí sí lieto

Elba, Vistola, Senna, Inno, e Sebeto.

E chi iggnorar potrebbe

La sua felicitá? Chi non rammenta 

Ch´oggi nasce un AUGUSTO, ed in AUGUSTO

Il maggior degli eroi? Tutti son gli altri

Oscuri innanzi a te: cede alle tue 

La piú rara virtú: le glorie, i pregi

Vantin pur d´Alesandro i cigni ascrei:

Non é grande Alessandro ove tu sei.

 

 

La bella vostra Immago

Deh custodite o Dei

E conservate in lei

Di nostra etá l´onor.

 

Tornar da lidi eói

vegga, di luce adorni,

Mille di questi giorni

Il vostro imitator.

 

TUTTI

Ed accrescete a suoi

I nostri giorni ancor.

 

 

FINE
DER IM SCHÄFER VERBORGENE KÖNIG

(Pietro Metastasio) - Deutsche Übersetzung

DEUTSCH

dritte Handlung ————

Erster Auftritt

Der innere Theil von einer großen und angenehmen Grotte, welche in lebendigen Steinen von der Natur wunderlich gemacht ist: die sich durch das lebhafte Grün verschiedner Bäume, welche entweder von oben herab hangen, oder ganz herum winden, unterscheidet, und größstenteils damit bedecket ist: und von einer Quelle hellen Wassers erfrischet wird, welches im schieffen herablauffen sich bald verbirget, bald sehen lässt, und sich endlich gar verlieret. Die weiten Öffnungen, die die ganze Lage helle machen, lassen verschiedene angenehme und ungleiche Hügel von weitem sehn, und in einer kleinen Entfernung entdecket man etliche Soldaten Zelter, welche zu erkennen geben, dass dieses ein an dem Griechischen Lager nahe gelegener Ort sei.

 

Amynt allein

Amynt

O weh! Die Sonne sinkt. Die Zeit ist schon vorbei, die mir zu meinem schwer und grossem Überlegen Agenor eingeräumt. Bei einem jeden Blatt, das durch die Luft sich rühret, dünkt mich, er käme schon und hohlte den Bescheid. So lange als ich lebe bin ich kein einzigmahl in solcher Angst gewest. Elisa will, ich soll bedenken, wie zärtlich, wie getreu, wie groß sie mich geliebt. Agenor machet mich durch vielerlei Begriffe von lauter Ehre matt. Nun lauffe ich Gefahr entweder schlecht zu thun, wo nicht die Treu zu lassen, darüber wank, und zittre ich, und weiß doch keinen Schluß zu fassen. Heisst dies ein König sein? So köstlich lebet man im Purpur, und im Gold? Verdammt, verwünschte Tracht! Strafft oder lohnest du? So lang, als ich dich trage, ist mein Vergnügen hin, und fühle nichts als Plage. Da ich ein schlechtes Kleid… ich unglückseeliger! Agenor kommet schon. Was sag´ich nun zu ihm? Ich kann ihm weder folgen, noch kühnlich wiederstehn. Er hat mein ganzes Herz in allzuviel Gewalt. Er schilt mich, und ich muß ihn lieben: Ich ehr´ihn auf die größte Art, und er verursacht mir Betrüben. (er bedenket sich, und ist hernach entschlossen) Nein, nein, deswegen sei nur zwischen uns kein Streit.

 

Andrer Auftritt

Agenor, und der Vorige

 

Agenor

Treff´ich mein König, dich, noch unentschlossen an?

 

Amynt

Nein.

 

Agenor

Ist der Schluß gefasst?

 

Amynt

Ja.

 

Agenor

Und was wird gethan?

 

Amynt

Ich will die Schuldigkeit die mir gebeut, erfüllen.

 

Agenor

So ist es, Alexandern nun zu sehn, nicht wieder deinen Willen?

 

Amynt

Ich mache eben jetzt mich auf den Weg zu ihm.

 

Agenor

Du siehst wohl, daß der Thron, und die Elisa sich nicht zu einander schicken.

 

Amynt

Du hast vollkommen Recht.

Und der vergehet ein Verbrechen der gegen einen gütgen Held, der Kron und Scepter kann verschenken, sich noch zur Gegenwehre stellt.

 

Agenor 

O glücklicher Amynt! Welch eine Gattin giebet der Himmel heute dir. Wenn sie ein König liebet, so ist sie es auch werth.

 

Amynt

Mein Freund, ich seh´es ein wie sehr ich glücklich bin. Es wird nicht nöthig sein, dass du mich lieben heißt. Ich liebe die, die mir gehöret, so, dass mich ohne sie die Lust zu dem regieren nicht bethöret.

 

Ich werde sie getreu verehren:

Nichts soll die reine Liebe stören,

Selbst die Besitzung macht sie neu.

 

Durch ein solch angenehm Verbinden,

Werd´ich das einzge Mittel finden,

Dass ich vergnügt und ruhig sei.

    (gehet ab)

Dritter Auftritt

Agenor allein

 

Ihr Seufzer, die ihr mich so lange heimlich quält, entfliehet endlich dem Gefängnis des Herzens wo ihr steckt. Denn meine Tugend kämpft dawieder länger nicht. Der Ehre und der Treu ist jetzt genug gethan. Nun laß ich mich nicht stören: Der Liebe muß doch auch ein Augenblick gehören.

Tamiris, schönes Kind, o Himmel…

Vierter Auftritt

Elisa, und der Vorige

 

Elisa

Höre nur, Agenor, was man nicht für Fabeln sich erdenkt, das man mich martern will. Denn man hat ausgesprengt, daß heut Amynt die Hand der Treu an die Tamiris giebt. Und man verlangt, daß ich den Lügen noch Glauben geben soll. Nein, nein, Amyntens Herz, wenn ich es vergestalt der Unrteu fähig glaubte, das müsste lange nicht von mir so gut gekennet sein. Wer ist es aber denn, der bloss an anderer Missvergnügen so ein verdammt Vergnügen findt?

 

Agenor

Elisa, ach du daurest mich, glaub keinem Irrthum mehr. Kein Mensch betrüget dich.

 

Elisa

Und auch du selber noch kannst so leichtgläubig sein? Willst du auch dem Amynt so grosses Unrecht thun?

 

Agenor

Wüßt ich nur einen Weg, dass ich daran noch zweifeln könnte.

 

Elisa

Und so verliesse mich Amynt auf diese Art? Nein: dieses ist nicht wahr. Du lässt dich hintergehn. Wo, sag mir, hast du denn die schöne Zeitung her?

 

Agenor

Von ihm.

 

Elisa

Von ihm!

 

Agenor

Ja, ja, vom nämlichen Amynt.

 

Elisa

Wo?

 

Agenor

Hier.

 

Elisa

Wenn?

 

Agenor

Jetzo gleich.

 

Elisa

Was hat er denn gesaget?

 

Agenor

Er sagte, dass man sich des Alexanders Sinn nicht wiedersetzen soll, wenn man ein Reich von ihm erhält.

 

Elisa

Ihr grossen Götter! Wie! So giebt gewiß Amynt Tamiris seine Hand?

Agenor

Die Hand, und auch das Herz.

 

Elisa

Amynt, der könnte mich so grausam hintergehn!

 

Agenor

Elisa ändre doch auch gleichfalls deinen Sinn, und gieb dem Schicksal nach.

 

Elisa

Nein: Dies geschiehet nicht so lang ich lebend bin (heftig, aber weinend)

Ja: Alexander hofft vergebens, Tamiris wünscht umsonst: Er ist mein Bräutigam: Ich räume ihm, als Braut, Person und Herze ein: Ich hab´ihn als ein Kind geliebet: und kurz, Amynt muss meine sein.

 

Agenor

Dein Schmerz ist sehr gerecht, allein er hilft zu nichts. Wenn du willst klüglich handeln, so, glaub mir, tröste dich.

 

Elisa

Ich? Soll getröstet sein? Dies ist ein schöner Rath. Der eben so viel Witz, als leicht Erfüllung hat!

 

Agenor

Du wirst ihn doch erfülln, Um nur mir selber nach. Du kannst getröstet sein: Euch´ andrer Beispiel nur gebührend nachzuhangen.

 

Elisa

So fällt mir keine Lust zu der Nachahmung ein: Ich mag auch keinen Trost: Amynt ist mein Verlangen.

 

Agenor

Er ist ja nicht mehr dein; was richtest du nun aus mit aller Heftigkeit?

 

Elisa

Was ich ausrichten kann? Ich will um Mitleid, Lohn, und um Gerechtigkeit bei Alexandern, Menschen, und bei den Göttern flehn. Ich ruh nicht, bis Amynt vor allen Leuten zugesteht, dass er sein Herze mir geschenket: und wenn der grausame verlangt, dass dessen Abtretung an andere soll geschehen; so sterb ich vor Verdruß: und dieses soll er sehen.

 

Wann will mir nicht mehr Freiheit geben

Mit dem Amynt vereint zu leben!

Nein: dieses will die Liebe nicht:

Nein: dies ist nicht Elisens Pflicht:

Nein: ein so gar tyrannisch Herze

Kann nicht in meinem Schäfer sein.

 

Ein anders soll mein Liebstes rauben,

Und du willst mich doch ruhig glauben!

Schämst du dich nicht also zu denken?

Fällt dir kein besser Mitleid ein?

 

Fünfter Autritt

Agenor, hernach Tamiris

 

Agenor

Ja, ich beklage dich, du allzu gutes Herz: und seh in meiner deine Noth. Gleichwohl hat doch Elisa viel grössern Wut, als ich. Denn wenn sie den Amynt verlieret, so will sie ihn doch sehn. Zu einem solchen Kampf  reicht meine Tugend nicht. Ich muß auf alle Art vor der Tamiris fliehn. Denn ich begreife nicht wie meiner Schwachheit sonst noch abzuhelfen sei. (er will fortgehen)

 

Tamiris

Agenor, warte doch.

 

Agenor

(Ihr Götter, steht mir bei!)

 

Tamiri

So soll Tamiris denn (höhnisch) so einem würdigen Verliebten vor ein ganz Reich verbunden sein?

 

Agenor

Das Riech selbst wird es tun.

 

Tamiris

Warum hast du denn mir so grosse Neuigkeit (wie vorhin) nicht selber überbracht? An einer Nachricht deines Munds ist mir doch jederzeit mehr als an deinem Brief gelegen.

 

Agenor

Dies schien, o Königin, vor mich allzu verwegen.

 

Tamiris

Mir scheint es weniger, als daß du dem Amynt (empfindlich) mich selber überlässt.

 

Agenor

Es ist wohl wahr: Allein in deiner Gegenwart kann leicht nach meinem Sinn die Schuldigkeit, die mir gebühret… Leb wohl, du schöne Königin.

 

Tamiris

Hör dich. Wo gehst du hin?

 

Agenor

Mir reiflicher zu überlegen. Dass du nun meine Fürstin bist.

 

Tamiris

Wem hab´ichs Dank als dir? (höhnisch)

 

Agenor

Die Ehrfurcht legt mir auf nicht mehr mit dir zu sein.

 

Tamiris

So viele Ehrfurcht ist (zornig) jetzt übel angebracht. Sie kann hernach geschehn, wenn du mich meine Hand dem Könige wirst reichen sehn.

Agenor

Dies seh ich nicht mit an.

 

Tamiri

Was! Du willst es nicht sehn? Ich will nun, dass du gegenwärtig (gebietend) bei der Vermählung seist.

 

Agenor

O nein, verzeihe mir: Dies wird der letzte Abschied sein.

 

Tamiris

Hör, und wo gehst du hin?

 

Agenor

Wo mich der Himmel hinbestimmet.

 

Tamiris

So folgst du deiner Königin? (wie oben)

 

Agenor

Es wird schon ohne mich…

 

Tamiris

Nein: es würd ohne dich mein Schicksal nicht so schöne sein.

 

Agenor

Und was verlangst du denn?

 

Tamiris

Dass mein Wohltäter mich (höhnisch) vollkommen glücklich sehn, und seines grossen Werks sich recht erfreuen soll.

 

Agenor

(Ist dies nicht Graumsamkeit!) Tamiris ändere doch aus Gütigkeit den Schluß…

 

Tamiris

Ich hör kein Bitten an. (gebietend)

Auch nicht Entschuldigung. Ich will gehorsam haben von dem, der sich bei mir vor Unterthan erklärt.

 

Agenor

(O Himmel!)

 

Tamiris

Hast du es gehöret? (wie oben)

 

Agenor

Barbarin, es sei dir gewährt.

 

Tamiris

Wenn du mich jemand andern schenkest

Und weiter nicht an mich gedenkest:

Weswegen ist die Schuld denn meine?

Wie glaubst du, dass ich grausam sei?

 

Sei so gelassen, als ich bin. 

Du giebst mich ja von selbsten hin. 

Hörst du mich aber auf dich schelten?

Klag ich denn über deine Treu?

(gehet ab)

 

 

Sechster Auftritt

 

Agenor allein

Armselges Herz! Ich glaubte schon, dass alle Tyrannen der Liebe nun überstanden sei. Ich seh das Gegenteil. Denn alles, was man nur kann grausames verbinden, sollst du, armseelges Herz aufs schärfste noch empfinden.

 

Von dergleichen herben Plagen

Kann niemand kein Wort nicht sagen,

Als wer so unglücklich lieber, 

Wie es jetzo mir ergeht.

 

Denn was ich erdulden muss,

Ist ein nagender Verdruß,

Der aus übertriebnen Schmerzen,

Und Verwzeifelung entsteht.

 

 

Siebenter Auftritt

Ein Teil von dem Platze, welcher von dem grossem Schwibbogen von dem berühmten Tempel des Tyrischen Hercules umgeben ist. Dieser ganze weitläuftige Ort ist (zu der Krönung des neuen Königes von Sidon) mit goldnen Gefässen, fremden Tapeten und mit Festonen von Grünwerk und Blumen, welche sich um die zahlreichen Säulen winden, und sich künstlich in einander flechten, ausgezieret.

Auf der rechten Seite ganz vorne ist ein weiter und erhabner Thron mit zween Stühlen, worauf der Scepter, und die Königliche Krone liegen. Auf eben der Seite, aber weiter hinter, ist der prächtige Eingang in erwehnten Tempel, zu welchem man auf einer breiten und Kostbahren Treppe kommt.

Ausserhalb der Schwibboben auf der rechten Hand, siehet man den Leichthurm, und den Hafen von Sidon, in welchem sich viele Schiffe befinden: Auf der linken Seite stehet der Kern von dem Macedonischen Fuss Volk im Angesicht des Thrones in Parade. Über und über ist ein Zusammenlauf von Stadtleuten, und Schäfern.

 

Unter dem Klange einer militarischen Musik kommt Alexander heraus, welchem die griechischen Officiers vergehen, und die Sidonischen Edelleute folgen. Hernach kommt Tamiris, darauf Agenor.

 

Alexander

Ihr Götter, die ihr mir zu Ehren 

stets meine Lorbeern sucht zu mehren, 

steht mir doch auch aus eurer Gnade 

Den Regungen des Herzens bei.

 

Laßt meinen Ruhm euch doch für allen

Als einen hellen Glanz gefallen:

Damit er immer ein Gestirne

Von Gütigkeit und Wohlthun sei.

 

Und was verzögert man? Der Tag ist bald vorbei: Wo muss der König bleiben müssen? Wo man Tamiris sein?

 

Tamiris

Zu Alexanders Füssen.

 

Alexander

Seh ich an dir denn die Prinzessin?

 

Tamiri

Ja. Ich bin es.

 

Agenor

Zweifle nicht: sie ist hier selber da.

 

Tamiris

Den Feinden zu verzeihn weiß meist ein jeder Held: Allein sei auf den Thron zu sehen weiß Alexander nur. Ich kann dir nicht entdecken, was sich vor Regungen vor dich in meiner Brust erwecken. Ich fürchte dich als Überwinder: ich ehr dich, wie man Helden kann: Ich lieb dich deines Wohlthuns wegen: Als einen Gott Beth ich dich an.

 

Alexander

Man ist sehr schön belohnt, wenn man die Grösse eines Throns mit einer Königin, wie du bist, kann vergnügen.

 

Tamiris

Ich habe ihn noch nicht bestiegen.

 

Alexander

Es fehlet nur noch wenig Zeit.

 

Tamiris

Hör nur. Agenors Redlichkeit zieht meiner Grösse Ruhm der eignen Liebe vor: ob ich nun so ein Herz der Grösse vorzuziehn mit Fug und Recht mich kann entbrechen: das sehe Alexander ein, derselbe soll darüber sprechen: Was Alexander würd´ in solchem Falle thun, das sei auch mein Entschluß, haben laß ichs beruhn.

 

Alexander

Und du konntst, da du liebst… (zum Agenor)

 

Agenor

Hör sie nur an: und sieh ob man so eine schöne Seele dem Thron entziehen soll.

 

Alexander

(zu Tamiris)

Und du befindest dich so dankbar gegen ihn!…

 

Tamiris

Vernimm ihn nur, und sprich ob eine solche Tugend wohl Züchtigung verdient. 

 

Agenor

Prinzessin, aber doch nur vor sehr kurzer Zeit, schienst du mir über das dir vorgeschlagene Vermählen von ganzem Herzen froh.

Tamiris

Nein. Aber weil du glaubst, als ob ich Ehrsucht mehr als Treu ergeben wär: So straft ich dich nur so.

 

Alexander

Ihr Götter! Was ist dies für Tugend! Was für Treu!

 

 

 

Achter Auftritt

Elisa und die vorigen

 

Elisa

Ach Herr, verschaffe Recht, mach daß ich ruhig sei.

 

Alexander 

Wer bist, und was verlangest du?

 

Elisa

Ich bin Elisa, und verlange vom Alexander Schutz vor ein bedrängtes Herz, das man mit Unrecht will aus allerschärfste plagen.

 

Alexander

Und wer beleidigt dich?

 

Elisa

Das wird dir Alexander sagen.

 

Alexander

Was thut dir Alexander denn?

 

Elisa

Ach! Er beraubet mich von aller meiner Ruh, von meinem einzgen Gut, er will so gar, daß ich soll vor Vedruß erblaßen. Ich leb allein in dem Amynt, er will mir den Amynt nicht lassen.

 

Alexander

Amynten! Und was für ein Recht hast du auf selben denn?

 

Elisa

Was für ein Recht? Gar viel. Ich habe als ein Kind sein Herze schon gehabt, und hab es bishierher in Fried und Ruh besessen. Der ist sehr ungerecht und Räubern gleich vermessen, der ohn dass ich es will, dasselbige verschenkt: Weil mein Herz an den Tod doch kein Abtreten denkt.

 

Alexander

Irr dich nicht, gutes Kind, es war Amynt der Schäfer nicht Abdolonimus der König, welcher dir vielleicht vor langer Zeit das Herz einmal versprach.

 

Sechster Auftritt

Amynt in Schäfer Kleidung, welchen andere Schäfer folgen, die auf zwei Becken die königlichen Kleider tragen, und die vorigen.

 

Amynt

Herr, ich bin noch Amynt, und Schäfer vor wie nach.

 

Alexander

Wie!

 

Amynt

Ja. Hier leg ich dir die königlichen Kleider (die Becken mit den Kleidern werden zu Alexanders Füssen gelegt). Zu deinen Füssen hin, und kehr im Schäfer Staat zu meiner lieben Heerde wieder, wo selbst mein Herze Ruhe hat.

 

Alexander 

So ist Tamiris nicht…

 

Amynta

Tamiris ist das Herz des größten Königs werth: Elisa aber hat es nicht verdient, dass ich der Untreu Schluß soll fassen. Als Schäfer hat sie mich erwählt, ich kann sie nicht als König lassen.

Elisa und der Thron solln nicht zusammen gehn; So bleib das Reich vor die, so sich darauf verstehn. Denn glaube mir nur, dass ein Schäfer der getreu, (Herr lass dich dieses nicht befremden?) mir lieber als ein großer König ohne alle Treu und Glauben sei.

 

Agenor

Was ist dies!

 

Alexander

Was hab ich gehöret!

 

Elisa

Agenor, hab´ichs nicht gesagt, dass mein Amynt mir zugehöret.

 

Alexander

Ihr Götter! Da mein Wunsch begehrt daß euch hier allerseits das Glück beständig lache, geh ich, dass ich zu meinen Schimpf euch alle unglückseelig mache. Nein dies soll nicht geschehn. So treue Liebe trennt ein Alexander nicht. Amynt, ich gebe dir Elisen hier zur Braut. Agenor soll nunmehr Tamiris eigen sein. Ihr ersten, steiget jetzt auf Sidons Königs Thron: Ihr andern sollet auch nicht mehr Vasallen sein. Ich wende mein ganz Glück mit Freuden dazu an auch euch ein Reich zu geben: Denn solche Tugend kann sich leicht zum Thron erheben.

 

Tamiris, Agenor

Wie groß!

 

Elisa, Amynt

O wie gerecht!

 

Alexander

Nun soll auch Sidon seinen König den Augenblick gekrönet sehn.

 

Amynt

Allein dies schlechte Kleid…

 

Alexander

Dies Kleid legt nicht umsonst dir jetzt der Himmel an. Er will dein glücklich Reich auf diese Art vielleicht im voraus prophezein. Die Könige sind stehst die besten, die immer gute Schäfer sein. 

 

Der Chor

Steig von dem Wald, und von der Hürde

Amynt, nun zu der Königs Würde.

Nur bleib uns deinem Volk, getreu, 

Daß stets der König Schäfer sei.

 

 

Ende

 

——————————-

 

 

 

ABSCHIED

 

Großmüthigster Monarch,

Verzeih dem Musen Chor, 

Wen es geirret hat. Die Ehrfurchts volle Schaar
Magt sich nicht Herr, von Dir zu sprechen: 

Sie kennet die Gefahr, und die Gefahr giebt Rath, 

Sie kennet aber auch den heutgen grossen Tag, 

und weiß wie grosse Ruh den solchen frohen Stunden

Der Elb und Weichsel Strohm an selbigem gefunden.

Wer wüsste denn auch nicht

Wie groß dies Glücke sei? Wer ists, der nicht bedenckt,

Daß heute ein August, in Ihm der größte Held

Das Licht der Welt erblickt. Die andern gegen dir

Verlieren ihren Glanz: die seltenste der Tugend

Giebt Deinen gerne nach. Laß Alexanders Ruhm

Von dem geschicksten Schwan besingen:

Es kann kein Alexander sich zum Grad von Deiner Grösse schwingen.

 

Ihr grossen Götter, ach bewachet

den, der sich euch so ähnlich machet,

Erhaltet auch an ihm beständig

Die grösste Ehre unserer Zeit.

 

Gebt, daß er diesen frohen Tag

Noch Vielmahl wiedersehen mag:

Er weiht sich euch und unsere Wünsche

Sind gleichfalls euch vor ihn geweiht.

 

Alle

Vermehrt durch unsere Seine Tage

Bis in die späte Ewigkeit.

 

ENDE

KRÓL PASTERZ

(Pietro Metastasio) - Polskie tłumaczenie

POLSKI
Akt trzeci

————

SCENA I

Część wnętrzna wielkiej i rozkosznej groty, która dziwacznie w całkowitej opoce uformowała natura. Ozdobiona zielonością roźlicznych drzewek, już kształtnie po ścianach wijących się, już z góry wiszących. Strumyk przezroczystej wody z góry spadający (który różnemi pomiędzy kamienie bieżąc zakrętami, raz kryje się, drugi raz ukazuje, nareszcie niknie) rozwesela te mieksce. Obszerne rospadliny wpuszczają tam dosyć światła, i ukazują widok różnych wesołych pagórków w odległości, nieco bliżej niektóre namioty wojskowe, z czego poznaje się iż to miejsce bilskie jest obozu Greckiego.

 

Aminta sam

Aminta

Niestety! Już słońce na zachodzie. Już czas upłynął moim wątpliwym od Angenora namysłom pozwolony. Na każdej od wiatru galązki ruszenie, zdaje mi się, że on powraca, i do rezolucji i mnie przymusza. Jak żyję, nie byłem nigdy w tak wielkim kłopocie. (uśiada) Eliza chce, żebym na jej słodką, długą. Wspaniałą miłość pamiętał. Agenor mnie tysiącem honorów wyobrażeniem uciska, a ja w bojaźni pokazania się podłym, lub niewiernym drżę, chcieję się, troszczę j, co mam czynić, nie wiem. I tóż to jest za królowanie? Jeszcze się to żyje w purpurze, i złocie! Nędna odzieżo! nadgrodą, czy bardziej ukaraniem ty jesteś? Od czasu, jak tylko cię na siebie wdziałem, nie znam dobra. Póki w ubogiej wełnie… Ach ja nieszczęśliwy! Już idzie Agenor, co mu powiem? O Boże! (wstaje) Usłuchać go nie mogę, sprzeciwić się nie umiem. Zbyt wielką ma władzę nad sercem moim: strofuje mnie, ja go kocham. Martwi, ja go szanuje. Ach! Raczej (myśli potym rezolwowany) z nim spotkania uniknę.

 

 

SCENA II

Agenor i ten sam

 

Agenor

Jużeś się namyślił, mój królu?

 

Aminta

Już.

Agenor

Obrałeś?

 

Aminta

Tak jest

 

Agenor

Cóż?

 

Aminta

Gotów jestem wypełnić powinność moją.

 

Agenor

To już się nie będziesz ociągał iść do Alexandra?

 

Aminta

I owszem właśnie do niego idę.

 

Agenor

Wszakże sam widzisz, że Eliza i tron zgodzić się nie mogą.

 

Aminta

Prawda. Ani należy się sprzeciwiać chęci bohatera, od którego się królestwo odbiera.

 

Agenor

O szczęśliwy Aminto! O jakąć towarzyszkę przeznaczą nieba! Kochaj ją, warta jest miłości króla.

 

Aminta

Poznaję, przyjacielu, całą mą szczęśliwość. Nie mów, żebym kochał oblubienicę moją. Już ją kocham miłością tak natężoną, że bez jej towarzystwa wzgardziłbym koronę.

Póki tylko życia stanie,

Ona będzie me kochanie, 

Będę jej wiernym do zgonu. 

Żyć z tak lubym przyjacielem,

Rozkoszą jest i weselem,

Inaczej nie chciałbym tronu.

(odchodzi).

 

SCENA III

Agenor sam

Wynidźcie na koniec, wynidźcie zatrzymane żale z więzienia serca. Więcej już nie ma z czym walczyć moja cnota. Wierności, honorowi stało się zadosyć, niech też miłość ma przynajmniej moment jaki… o Boże!

Piękna Tamiro! O Boże!

 

SCENA IV

Eliza i ten sam

 

Eliza

Słuchaj, Agenorze, jakie dla umartwienia mnie wynajdują się głupstwa. Rozsiano wieści, że Aminta dziś da rękę Tamirze, i chcą, żebym ja uwierzyła kłamstwu temu. Mniej by mi potrzeba znać serce Aminty, żebym go uznać mogła zdolnym tak wielkiej zdrady. Ale kto br to był, co w umartwieniu cudzym tak złośliwej dla siebie szuka rozkoszy?

 

Agenor

Moja Elizo kochana! Wynidź z błędu, nikt cię nie zwodzi.

 

Eliza

I ty także, Agenorze, jesteś lekkowiernym? Miałżebyś i ty uczynić tak wielką krzywdę Amincie?

 

Agenor

Ja nie wiem, jakim sposobem mógłbym o tym wątpić.

 

Eliza

Więc mnie opuszcza Aminta? Ach nie! Być nie może. Dłeś się oszukać, Agenorze. Zkądże cię ta szlachetna doszła nowina?

 

Agenor

Od niego.

 

Eliza

Od niego?

 

Agenor

Tak jest, od samego Aminty.

 

Eliza

Gdzie?

 

Agenor

Tu na tym miejscu.

 

ELISA

Gdy?

 

AGENOR

Już teraz.

Eliza

I mówił?

 

Agenor

Mówił, że nie powinien sprzeciwić się woli Alexandra, kto od niego królestwo bierze.

 

Eliza

Święci Bogowie! nieba! jako! Tamirze da rękę Aminta?

 

Agenor

Rękę i serce.

 

Eliza

Żeby mnie Aminta miał tak szkaradnie zdradzać?

 

Agenor

Ach! odmnień, Elizo, odmień i ty myśli, ustąp przeznaczenia.

 

Eliza

Nieprawda: nigdy to być nie może. Niech się tego Alexander nie spodziewa, niech się uspokoi Tamira. Ja żona jęgo będę, a on moim mężem. W dzieciństwie wszczęte miłość wiecznie poprzysiężem. (z żywnością, ale razem płacząc).

 

Agenor

Sprawiedliwe, piękna Nimfo, ale niepotrzebne są twoje żale. Jeżeli masz rozum, wierz mi i uspokój się. 

 

Eliza

Ja mam się uspokoić? Dowcipna rada, zbyt łatwa do wykonania! (z przedrzwiwaniem).

 

Agenor

Wykonasz ją, kiedy wzor ze mnie brać zechcesz, możesz się uspokoić. Przykład mój powinien cię przekonać.

 

Eliza

Ja nie chcę naśladować ciebie. Nie chcę się uspokoić. Ja chcę mego Aminty.

 

Agenor

Ale kiedy on już przestał być twoim, co przez te zapędy możesz dokazać?

 

Eliza

Co mogę dokazać? Alexandra, ludzi, bogów chcę prosić o litość, o nadgrodę, o sprawiedliwość. Chce, żeby Aminta wyznał przed światem, że mi serce swoje przyrzekł.

I chcę, jeśli okrutny pretenduje innej, umrzeć z smutku, niech tyran widzi śmierć niewinnej.

 

Ja mam zostać oddaloną

Od tego, co kocham z duszy?

Miłość jesz za moją stroną!

Niebo się za mną obruszy!

Ani też Bogowie dali

Amincie serce ze stali.

Dobro, które miałam w zysku,

Żeby inna pochwyciła?

A ja w tak ciężkim ucisku

Żebym się uspokoiła?

Srogiej używasz litości,

Którą mnie wzbudzasz do złości. 

(odchodzi).

 

 

SCENA V

Agenor, potym Tamira

 

Agenor

Biedna Nimfo! Ja mam litość nad tobą i w utrapieniu twoim moje własne widzę. Wszelako Eliza ma więcej, niż ja męstwa. Traci kochanka, przecież może się z nim widzieć. Moja zaś cnota nie dokaże tyle. Ja muszę unikać Tamiry, i tylko w ucieczce szukam dla mojej słabości schronienia.

 

Tamira

Agenorze, zaczekaj.

 

Agenor

(Bogowie! Ratujcie mnie.) (chce odejść)

 

Tamira

Tak, zacnemu to amantowi tron winna Tamira! (z porzedrzwiwaniem)

 

Agenor

Tron tobie jest winny.

 

Tamira

Czemużeś sam tak wielkiej mi nie przyniósł nowiny? (z porzedrzwiwaniem)

Milejbym ją była przyjęła z ust twoich, niżeli z biletu.

 

Agenor

Nazbyt śmiały zdawał mi się być, Pani, krok taki.

 

Tamira

Mniej śmiały, (z urazą) nieżeli mnie ustąpić Amincie!

 

Agenor

Prawda. Ale podobno wyobrażenie powinności mojej stanąwszy przed tobą… Piękna królowo! Bądź zdrowa.

 

Tamira

Słuchaj, dokąd idziesz?

 

Agenor

Odę rozpamiętywać, że jesteś królową moją.

 

Tamira

Jestem nią z twojej łaski. (z porzedrzwiwaniem)

 

Agenor

Respekt wyciąga, żebym cię unikał.

 

Tamira

Nie czas jeszcze (z gniewem) tak wielkiego używać respektu. Sprawiedliwej to uczynisz, kiedy królowi twemu oddam rękę.

 

Agenor

Ja na to zapwnie patrzać nie będę.

 

Tamira

Jako? Nie będziesz na to patrzeć? Ja chcę koniecznie, (z żywnością) żebyś na ślubie moim był przytomny. 

 

Agenor

Ach nie! wybacz, królowa, ostatni to już raz cię widzę.

 

Tamira

Słuchaj. Dokąd idziesz?

 

Agenor

Gdzie mnie wyroki poniosą.

 

Tamira

I takżeś to posłuszny twojej królowy? (z żwawością)

 

Agenor

Już bezemnie…

 

Tamira

Bez ciebie nie wydałby się los mój tak piękny…

 

Agenor

Czegoż chcesz?

 

Tamira

Chcę, żeby dobrodziej mój patrzał na uszczęśliwienie moje, i cieszył się z dzieła swego. 

 

Agenor

(Co za udręczenie!) Eh! Odmień, Tamiro, przez litość nad…

 

Tamira

Próźb niesłucham, (z żwawością) ekskuzy nie przyjmuję. Posłuszeństwa tylko chcę od poddanego.

 

Agenor

(O Boże!)

 

Tamira

Słyszałeś? (z żwawością)

 

Agenor

Będęć posłuszny, okrutna!

 

Tamira

Kiedy się mnie sam pozbywasz,

Gdy chcesz, żeby mnie wziął inny,

Za coż ty masz być niewinny,

A mnie okrutną nazywasz?

Bierz przykład z mej łagodności,

Jestem opuszczona cale,

Przecież się na cię nie żalę.

Ni wyrzucamć niewierności.

(odchodzi)

 

SCENA VI

Agenor sam

 

Nędzne serce! rozumiesz, żeś już wszytskie poniosło okrucieństwa miłości? Nie prawda: Jeszcze najokropniejsze udręczenia, zostająć, biedne serce, do znoszenia.

 

Sam tylko zna me katowanie,

Które w tym ponoszę stanie,

Ten co doznał ze mną równie,

Co jest fatalne kochanie!

Boleść, któram jest zraniony,

Srogą w mnie wzbudza trwogę, 

widzę, że jestem zginiony,

Ciężkich ciosów znieść nie mogę.

(odchodzi)

 

 

SCENA VII

Część placu otoczona krużgaukami sławnego kościoła Tyryjskiego Herkulesa.

Cała rozległa zagroda jest bogato ozdobiona na koronację nowego króla Sydonu, a także wazony ze złotych i barbarzyńskich dywanów oraz festony warzyw i kwiatów, które są sztucznie owinięte wokół licznych kolumn i wszystkie się przeplatają. Z prawej strony daleko na wprost bogaty i podwyższony tron ​​z dwoma siedziskami, nad którym berło i korona królewska. Z tej samej strony, ale w większej odległości, znajduje się wspaniałe wejście do wspomnianej świątyni, do którego prowadzi się szerokimi i wspaniałymi schodami. Na zewnątrz portyku po prawej widok latarni morskiej i portu Sydonu, ozdobionego grubymi statkami, po lewej falanga macedońska ułożona w porządku, z widokiem na tron. Rywalizacja dla wszystkich obywateli i duszpasterzy.

Alexander w licznej assystencji wodzów Greckich, i szlachty Sydońskiej, potym Tamira i Agenor.

 

Alexander

Wy, co raczycie latoroślmi zdobić

Co raz nowemi laur na mojej głowie

Raczcie do cnoty, łaskawi Bogowie,

Duszę i serce moje przysposobić.

Niech waszej chwały staje się zamiarem,

Ta chwała, która zyskuję dla siebie,

Niech jasność moja świeci wam na niebie, 

By tylko była waszej łaski darem.

 

Eh! Na coż się ociągam? Już słońce zachodzi, dla czego nie widać króla? Gdzie Tamira?

 

Tamira

U nóg Alexandra.

 

Alexander

Ty jesteś królewną?

 

Tamira

Jestem ja.

 

Agenor

Wątpić nie trzeba. Ona jest.

 

Tamira

Nieprzyjaciołom przepuszczać umieją bohatyrowie. Ale ich na tron podnosić tylko samego Alexandra jest zaszczyt. Jać nie potrafię wyrazić, Panie, czego dla siebie doznaję w sercu moim.

Szanuję cię zwycięzcę, czczę Bóstwo, dobrodzieja lubię. Który mi tron prowracasz w mej ostatniej zgubie.

 

Alexander

Wielka mi jest nadgrodą uczynić tron pyszny z tak pięknej królowy.

 

Tamira

Jeszcze nie jestem królową.

 

Alexander

Ale nią będziesz za moment jeden.

 

Tamira

Słuchaj. Agenor kochanek, moją wielkość nad swoją miłość przekłada, czyli ja mogę wielkość moją przekładać nad tak wierną duszę? Zważ Alexandrze, i rozsądź. A coby Alexander w razie podobnym uczynił, kiedy ja czynię, proszę, abyś mnie nie winił.

 

Alexander

I ty mogłżeś kochając… (do Agenora)

 

Agenor

Słuchaj, Panie, i uważ czy należałoż tron ukrzywdzać, tak wspaniałą uzurując duszę?

 

Alexander

Ty więc zak wielką dla niego czujesz wdzięczność, że…

 

Tamira

Sam uznaj, jeżeli taka cnota ukarania warta.

 

Agenor

Księżniczko! Niedawno byłaś kondtenta z ofiarowanego zamęścia. 

 

Tamira

Nie prawda. Ale, że mnie sądziłeś bardziej ambitną, niż kochającą, za tom cię ukarałam

 

Alexander

Bogowie! Co za cnota! Co za wierność!

 

SCENA VIII

Eliza i ciź sami

 

Eliza

Panie! Mniej litość nade mną uczyń sprawiedliwość.

 

Alexandrer

Któż jesteś? Czego żądasz?

 

Eliza

Jestem Eliza. Zebrzę u Alexandra wsparcia za sercem niesłusznie uciemiężonym.

 

Alexander

Przeciw komu?

 

Eliza

Przeciw samemu Alexandrowi.

 

Alexander

Coż ci uczyniła Alexander?

 

Eliza

Bierze mi spokojność, i całe dobro moje. Z smutku ledwiem żywa: Aminta jest mym życiem, on mi go porywa. 

 

Alexander

Aminta? A ty jakie masz do niego prawo?

 

Eliza

Jakie? Od dzieciństwa miałam oddane sobie jego serce, i te serce dotychczas spokojnie dzierżałam. Niesprawiedliwy, okrutny jest, kto by nim chciał rozrządzać, gdy na to Eliza nie przystanie. Ja zaś ustąpię życie, ale nie kochanie. 

 

Alexander

Ten, co ci dał serce, szlachetna Nimfo, był Aminta pasterz. Ale Adonim król żadnym ci go nigdy nie dodał przymierzem. 

 

SCENA OSTATNIA

Aminta w sukni pasterskiej z pasterzami, którzy na dwóch tacach niosą odzienia królewskie i ciź sami.

 

Aminta

Panie, jestem Aminta, jestem i pasterzem.

 

Alexander

Co widzę?

 

Aminta

Króleweskie odzienia (składają tace) u nog twoich złożywszy, powracam, jak widzisz odziany, do mej chaty spokojnej do trzody kochanej.

 

Alexander

Alboż Tamira nie jest…

 

Aminta

Godna jest serca króla, ale Eliza nie zasłużyła na to, abym ją zdradzał. Ona mnie obrała, gdy byłem pasterzem. Jam królem zostawszy opuszczać ją nie powinien. A gdy Elizę połączyć nie można z tronem, nechaj sobie króluje, kto pragnie królować, ja będę się Elizą moją kontentować. Bo większe w pasterzu wiernym, (daruj mi to Panie) niż w królu, a bez wiary mam upodobanie.

 

Alexander

Co słyszę!

 

Agenor

Gdzież jestem?

 

Eliza

Agenorze! Nie mówiłam ci, że mój Aminta jest wierny?

 

Alexander

O Bogowie! Kiedy wszystkich pragnę uszcęśliwić, wszystkich mimo chęci mojej nieszczęśliwemi czynię. Ach! Być to nie może, aby tak wspaniałych Amantów rozłączył Alexander. Oto ci, Aminto, piękna Eliza twoja. Oto masz, Tamiro, twego Agenora wiernego, wy teraz (do Aminty i do Elizy) będziecie królować nad Sydoną. Was nie zostawię poddanemi, że dla was tron urządzę, stawię moje męstwo, a dla tak wielkiej cnoty znajdzie się królestwo.

 

 

Tamira-Agenor

O wielki

 

Aminta-Eliza

O sprawiedliwy.

 

Alexander

Niechże już Sydona ukoronowanego widzi swego króla.

 

Aminta

Ale w tym odzieniu…

 

Alexander

W tym cię tu odzieniu przypadkiem nie prowadzi niebo.

Może przez to królestwa twego cała szczęśliwość niebo przepowiada:

Szczęśliwe państwo, które król pasterz posiada.

 

CHÓR

Z lasu i owczarni

przynieś stopę do tronu Aminta.

 

Ale dla nas nie zmieniasz stylu;

niech nasz król będzie pasterzem.

 

 

 

KONIEC

——————————-

LICENCJA

 

Ach chóru muz,

Wielkoduszny Monarcho,

Przepraszamy za błąd! Nie ośmiela się o tobie mówić

grupa pełna szacunku. Jego niebezpieczeństwo

Wie dosyć, a to daje jej rady.

Ale wie też, jaki to dzień:

On bardzo dobrze wie, jak bardzo wdzięczają tego dniu szczęśliwym,

Łaba, Wisła, Sekwana, Inno i Sebeto.

A kto mógłby zignorować?

Jego szczęście? Kto nie pamięta

Dziś rodzi się AUGUST, a w AUGUSCIE największy z bohaterów? Wszyscy pzrestwają lściąć przed tobą: 

Najrzadsza cnota daję się tobie: Pozwól aby chwalę Alexandra utalentniony łabędzi zaśpiewał:

Alexander nie jest świetny tam, gdzie jesteś.

 

Twoją piękną postać

Proszę strażcie Bogowie

I trzymajcie w niej

Zaszczyt naszego wieku.

 

Niech zobaczymy z brzegów muz

powracając ozdobione światłem,

Tysiąc tych dni

dla waszego naśladowca.

 

WSZYSCY

I zwiększcie do swoich

Nasze dni wciąż.

 

 

KONIEC

musik


Richter
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Hasse

Allegro man non troppo B-Dur

Flutes, Violin 1, Violin 2, Viola, Bc

00:00 / 04:06

Allegretto D-Dur

Flutes 1-2, Oboe1-2, Violin 1, Violin 2, Viola, Bc

00:00 / 03:53

A giusto tempo d-moll

Violin 1, Violin 2, Viola, Bc

00:00 / 06:25

Allegro B-Dur

Oboe, Violin1, Violin 2, Viola, Bc

A giusto tempo a-moll

Violin 1, Violin 2, Viola, Bc

00:00 / 01:37

Allegretto G-Dur

Violin 1, Violin 2, Viola, Bc

00:00 / 02:33

Recitativo accomp. C-Dur

Aria con sordini (Moderato?) Es-Dur "Von dergleichen"

Violin 1, Violin 2, Viola, Bc

00:00 / 06:54

Andante ma non troppo

c-moll

Violin 1, Violin 2, Viola, Bc,

B-Part: Horns Mi b, Oboe 1-2, Extra Cello (Kontrabass?)

00:00 / 05:22

(Andante maestoso?) C-Dur

Violin 1, Violin 2 (Con flauti) Viola, Bc

00:00 / 09:39

Moderato G-Dur

Horns in G, Violin 1, Violin 2, Viola, Bc

00:00 / 01:37

G-Dur

Horns in G, Oboe, Violin 1, Violin 2, Viola, Bc

00:00 / 01:18
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